American Style at Boca

Cos’è lo stile americano? Me lo sono chiesto dal momento stesso in cui siamo stati accolti a Boca Raton dai nostri amici. La prima sera abbiamo scoperto le villette. Il nostro ospite, un italiano della nostra generazione che fa il maestro di tennis nei club, ci ha mostrato la sua casa. Bella! Stanze comode, veranda con divani e

zanzariera, una stretta scala per salire al piano e un bel parco intorno con tanto di laghetto (all’occorrenza con gli immancabili coccodrilli). In pratica la Florida! Una casa che, in una qualsiasi città italiana, sembrerebbe un sogno di difficile compimento ma che in florida è alla portata di un ragazzo intraprendente. La sera: cena con hamburger in un ristorantino che affaccia su una piazza tranquilla. Si entra, aria condizionata come se ci si dovesse preservare dall’invecchiamento, ventilatori a soffitto grossi come pale eoliche e una certa compita frenesia, una artefatta e sorridente cordialità, che in tutto e per tutto è solo americana. La cameriera che conosce a memoria un menù infinito, sorride a tutti i presenti al tavolo e mi spiega gentilmente che non basta stare fuori per fumare, ma bisogna andare al di là della striscia gialla del marciapiede. Mezzo metro dal locale, mezzo metro dal limite esterno, ossia lontano da tutti i tavoli. Una sorta di fobia del fumo, ma questa non è solo americana, in Giappone è quasi uguale: fumare per strada è malvisto (quando non è proibito), unica differenza è che in Giappone si fuma quasi in tutti i locali, perfino nei ristoranti, mentre in America per bere una birra con la cicca si deve trovare la mosca bianca. Per strada, specie la sera, si vedono molte macchine belle, ma belle veramente; come dicevo, specie a ora di pranzo, cioè.. a colazione. In pratica ogni ora è l’ora giusta per uscire con la macchina buona e farsi vedere. I limiti di velocità sono rigidissimi, vengono rispettati, la pena è certa (o quasi), in pratica si esce con destrieri con le zampe legate. La macchina si usa anche per fare 100 m; se ci si fa vedere a piedi lo si fa indossando il completo da jogging. Anche questo è molto americano, almeno in un certo senso. Ovvio che poi non è esattamente così, ma serve a rendere l’idea di quanto sia importante l’immagine. Se i Genesis cantavano “you are what you eat” l’American style sembra rockeggiare “you are what you own” o meglio ancora “you are what you seem”. Chi vuole andare ad una festa elegante ma non può permettersi il vestito buono spesso e volentieri ricorre ad una semplice strategia: comprare il vestito più figo del negozio, indossarlo alla festa con molta attenzione, e riportarlo indietro il giorno dopo dicendo che non piace più. Unica pecca? Bisogna nascondere bene le etichette non rimovibili e non far notare le tasche ancora cucite, alle volte è meglio togliere la giacca facendo finta di avere molto caldo. Ma nel complesso l’importante è essere alla moda, tutti sanno ma nessuno parla. “Sei ciò che sembri”, ciò che desideri essere. American dreams may come true for one night!

Ecco, questo è molto american style/american dream. Ma parliamo comunque della parte “abbordabile” della città; quella della vita quotidiana. La sera successiva ci siamo trasferiti a casa del nostro caro amico Ernest! Una villa meravigliosa all’interno del Broken Sound Country Club… ecco qualcosa molto diverso da quanto siamo abituati a considerare. Intanto, partiamo dal concetto di Country Club. Sono piccoli o grandi parchi, più o meno lussuosi e recintati. All’interno delle mura si diramano le strade che, passando tra stagni, laghetti e vegetazione portano alle singole abitazioni. Si paga il lotto di terreno, o i lotti, e poi si costruisce rispettando certi standard. Nei Club non si corre con la macchina, si fa jogging si va in piscina, in palestra, al ristorante, o ci si orienta verso le altre attività che il club propone. Più grande il club, migliori e più varie le attività. Ecco una cosa veramente americana! Il Club. In un qualche modo si appartiene al club, è un biglietto da visita. Io sono di questo Club, io di quest’altro. Magari non conosci tutti i vicini, ma molti si. Al ristorante del Club, se è uno di quelli buoni, inviti i soci per parlare di lavoro, e fa BELLA FIGURA, come dice sempre Ernest. Ecco, lui vive in un Club, in uno di quelli dove puoi invitare i soci. Uno di quelli con campo da golf, piscina ricreativa con la cascata, piscina sportiva con le corsie, bagni della piscina con vasto assortimento di lamette da barba, schiume, saponi, dopobarba, profumi e… insomma ci siamo capiti. Non c’è un dettaglio fuori posto. Le strade sono larghe, comode, senza buche (e per noi Romani vuol dire qualcosa). I bambini imparano presto ad andare in giro da soli, il Club è un posto sicuro, entrano solo i residenti o i loro ospiti e solo lasciando il documento e dichiarando per quanto ci si ferma. I marciapiedi vengono puliti quotidianamente; a girare li dentro si respira un’aria di tranquillità. Il sogno americano compare anche in questo, probabilmente più della metà dei residenti ha il porto d’armi e almeno la metà possiede un’arma, ma di base non servono; in questi Club non accade praticamente nulla. Le persone in America amano sapere che non accadrà nulla di male ne’ a se ne’ alla propria famiglia, i Country Club riescono a dare proprio questo. La villa di Ernest nel Broken Sound è una di fascia medio alta, o almeno così mi pare di aver capito, in ogni caso l’unica che ho visto. Due piani di casa, ma dal salone è sparito il secondo piano, così i soffitti sono vertiginosi. Stile impeccabile, tutto nuovo. Siamo arrivati che stava ristrutturando. Da noi non è una cosa comune, ma in america si. Il motto è: Old is ugly… New is beatiful, is Bella Figura! Quindi si ristruttura ogni 3-4 anni, si cambiano i bagni, le camere, a volte l’arredo o la struttura stessa della casa. Immancabile la piscina privata, corredata di luci, palme, divanetti e di un barbecue degno di un ristorante. Ecco un’altra cosa molto americana, la voglia di rinnovarsi. Il desiderio di veder andare via i rubinetti del bagno, perché usurati o semplicemente andati a noia. La voglia di far sparire le cose vecchie e cercare ogni volta di fare un passo avanti, mai indietro. Se togli un bullone è per metterne due, non per rimanere senza. Le ville crescono passo dopo passo; ho visto gli ingressi di altre case, alcune sono monumentali. Grandi portoni circondati di statue e cascate con massicci battenti dorati (ma questo era a Miami, un’altra storia ancora).

Dopo una giornata in piscina al Broken Sound si torna a casa, la moglie di Ernest ha fatto la spesa ed è ora di accendere il barbecue. Intanto che si scalda la griglia, ci ritagliamo un momento per il business (e in america questo vuol dire qualcosa): divanetti appartati in cortile, sigari cubani a profusione e buon whisky. Finite le conversazioni si brinda e si torna alla festa. Prepariamo le patate dolci, una quantità imbarazzante, e apriamo le bistecche. American Steaks. In pratica 1Kg l’una, a forma di parallelepipedo, succose e grasse, massaggiate e date in pasto all’enorme bocca del barbecue dove sembrano sparire. Tempi di cottura contatissimi, la tavola apparecchiata, e poi tutti a mangiare. Finire la carne è stata ardua, ma era eccezionale. La qualità gareggiava con la quantità, la cottura con l’aspetto. Ma non c’è tempo per la contemplazione. Una rapida doccia e si esce.

La sera al locale di fiducia, specie se porti gli amici, vai con la Lamborghini. Tutti tirati a lucido, satolli e rigenerati dalle docce. Si va al Casa de Montecristo Prime Cigar, altro stampo americano. In pratica un pub come gli altri, solo molto curato. C’è anche la possibilità di affittare un armadietto, in un ambiente climatizzato, per conservare la propria collezione di sigari, ed un negozio interno fornito delle migliori marche; due banchi per le bevande e un ambente separato per il poker. Frequentato principalmente da uomini, qualche volta accompagnati dalle mogli, o da donne che vanno li per gestire propri affari. C’è anche una ragazza che gira e se chiamata fa ottimi massaggi alle spalle, estroversa e pronta alla chiacchiera, non essendo una dipendente è libera di sedersi e scambiare due parole. Ha origini italiane ma non è mai stata in Italia, il suo grande desiderio è riuscire a visitarla tutta da cima a fondo.

Con Ernest abbiamo fumato una quantità enorme di sigari, lui dice che siamo “Fast Smokers”, in america tutto ha un nome, tutto può diventare una caratteristica personale, e non conta se la caratteristica sia positiva o negativa (almeno entro certi limiti), ciò che conta veramente è avere almeno qualche caratteristica: -è un bravo ragazzo, svelto nel gioco, fuma poco e vive qui vicino- oppure -è un ragazzo in gamba (leggi: ti rigira come un pedalino), beve svelto e vive a Boca- sono fondamentalmente due frasi uguali, la stessa presentazione. Differente sarebbe stato accennare ad una caratteristica in più, come il lavoro, o lo sport. Io e i miei cugini avevamo due caratteristiche, ma che valevano per dieci: -sono miei amici, sono italiani-. In pratica una chiacchierata è assicurata con chiunque. Questo non è solo italiano, è di tutto il mondo, tutto il mondo è paese e tutti sono avidi di storie. Vogliono sapere come, quando, quanto e perché. In America il quanto ed il perché però diventano fondamentali. Gli amici chiedono quanto, ti dedicano tutto il loro tempo, ma il grosso della loro vita è il lavoro e devono sapere il quanto! La polizia ti guarda, capisce che sei italiano e vuole sapere perché. Gli italiani ancora emigrano per lavoro e la Florida è un gran posto dove andare; non solo il lavoro c’è, ma se hai inventiva e voglia di fare il sogno americano è a portata di mano. Bastano un’idea, intraprendenza e un colpo di fortuna: la stretta di mano giusta o la presentazione azzeccata, magari proprio ad una di quelle feste dove ti sei presentato con il vestito a reso e in cui le classi sociali si mischiano in nome della serata piena. In America il sogno esiste ancora ma bisogna sapersi vendere. La persona e il prodotto che propone sono un’unica cosa!

Se vai in America ci vai per due motivi. Se vai per divertirti, come turista o viaggiatore, prendi la borsa, parti e divertiti, senza pensarci tanto su; approfitta di un paese che ha tanto da offrire, dai centri commerciali grandi e vari come città, divisi in quartieri, ai musei, dai locali alla moda a quelli underground; un paese dove tutto è più grosso, tutto è più estremo, all is loud. Se vai per cercare lavoro, allora fermati un secondo. Pensa a chi sei, cosa hai da offrire e cosa vuoi in cambio; datti un valore realistico e proiettalo nel futuro, pensa alla tua idea, a chi possa interessare e come vorresti vederla crescere. Pesa a chi vorresti che la proponesse, a come deve essere vestito, come dovrebbe parlare e pensare, anche chi dovrebbe votare e a chi dovrebbe avere a fianco. Ecco, ora che hai in mente la persona più adatta a promuovere la tua idea, quella perfetta, quella che è un tutt’uno con quell’idea, devi riuscire a diventarla. Diventa quella persona. Pensa a chi potrebbe essere interessato alla tua idea e vallo a cercare, niente mail, niente telefonate; solo un chiaro e preciso: “Let’s speak about business”. Ecco, se sei disposto a fare questo, puoi iniziare a entrare nell’“American Dream”; ma se questo ti sembra troppo faticoso, allora l’America pur essendo a poche ore di aereo è irraggiungibile. Li ci si sfonda letteralmente di lavoro, si ama il proprio lavoro, e anche se non lo si ama lo si fa fino allo sfinimento. Non come in Giappone, per senso del dovere, o per l’onore, o per la tradizione, ma perché sei quello che hai, e dimostri il tuo valore crescendo anno dopo anno senza fare un passo indietro.

Ecco cosa mi riporto da Boca (oltre al tempo con gli amici e le foto), un pezzetto di mentalità, di modus operandi. Il pensiero che se vuoi diventare qualcosa prima devi avere bene in mente cosa vuoi diventare, in ogni dettaglio, e poi lavorare duro per riuscirci. In un’attività l’immagine e la persona che la rappresenta e la propone si costruiscono come un tutt’uno e servono ad arricchirsi a vicenda. Può sembrare un gioco, in Italia, ma nel nuovo mondo è un gioco che va di moda.

Pubblicato da

gallofrancesco87

Geologo, scrittore e talvolta fotografo. Sempre viaggiatore. Mi piace condividere il pensiero e le idee.

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